Beatrice
Edizione interpretativa 
 
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VNG  [Capitolo 14]

[1 - x] Apresso ciò per pochi dì avenne che in alcuna parte della mia persona mi giunse una dolorosa infermitade, onde io continuamente soffersi per nove dì amarissima pena; la [c. 124]quale mi condusse a tanta debolezza, che mi convenia stare come coloro li quali non si possono muovere. [2 - x] Io dico che nel nono giorno, sentendome dolere quasi intollerabilemente, a me giunse uno pensero, lo quale era della mia donna. [3 - x] E quando èi pensato alquanto di lei, e io ritornai pensando alla mia deboletta vita; e veggendo come leggiero era lo suo durare ancora che sana fosse, cominciai a piangere fra me stesso di tanta miseria. Onde sospirando forte dicea fra me medesimo: «Di necessitade conviene che la gentilissima Beatrice alcuna volta si muoia». [4 - x] E però mi giunse [c. 125]uno sì forte smarrimento, che chiusi gli occhi e cominciai a travagliare come farnetica persona e a ymaginare in questo modo: che nel cominciamento dello errare che fece la mia fantasia apparvero a me certi visi di donne scapigliate che mi diceano: «Tu pur morrai». E poi, dopo queste donne, m'apparvero certi visi diversi e orribili a vedere, li quali mi diceano: «Tu se' morto». [5 - x] Così cominciando ad errare la mia fantasia, venni a quello che io non sapea ove io mi fossi; e vedere mi parea donne andare scapigliate piangendo per via, [c. 126]maravigliosamente triste; e pareami vedere lo sole oscurare, sì che le stelle si mostravano di colore ch'elli mi facea giudicare che piangessero; e pareami che gli uccelli volando per l'aria cadessero morti, e che fossero grandissimi terremuoti. E maravigliandomi in cotale fantasia, e paventando assai, ymaginai alcuno amico che mi venisse a dire: «Or non sai? la tua mirabile donna è partita di questo secolo». [6 - x] Allora cominciai [c. 127]a piangere molto pietosamente; e non solamente piangea nella ymaginatione, ma piangea con gli occhi, bagnandoli di vere lagrime. [7 - x] Io ymaginava di guardare verso lo cielo, e pareami vedere moltitudine d'angeli, li quali tornassero in suso, e aveano dinanzi loro una nebuletta bianchissima. A me parea che questi angeli cantassero gloriosamente, e le parole del loro canto mi parea udire che fossero queste: «Osanna in excelsis!», e altro non mi parea udire. [8 - x] Allora mi parea che lo cuore ove era tanto amore mi dicesse: «Vero è che morta giace la nostra donna». E per questo mi parea andare per vedere lo corpo nello quale era stata quella nobilissima e beata anima; e fue sì forte la erronea fantasia, che mi mostrò questa donna morta. E pareami [c. 128]che donne la covrissero, cioè la sua testa, con uno bianco velo; e pareami che la sua faccia avesse tanto aspecto d'umilitade, che parea che dicesse: «Io sono a vedere lo Principio della pace». [9 - x] In questa ymaginatione mi giunse tanta umilitade per vedere lei, che io chiamava la Morte e dicea: «Dolcissima Morte, vieni a me! E non m'essere villana, però che tu dêi essere gentile, in tale parte se' stata. Or vieni a me, che molto ti disidero! E tu lo vedi che io porto già lo tuo colore». [10 - x] E quando io avea veduto compiere tutti li dolorosi mistieri che alle corpora de' morti s'usano di fare, mi parea [c. 129]tornare nella mia camera, e quivi mi parea guardare versolo cielo; e sì forte era la mia ymaginatione, che piangendo cominciai a dire con verace boce: «Oi anima bellissima, com'è beato colui che ti vede!». [11 - x] E dicendo io queste parole con doloroso singulto di pianto e chiamando la Morte che venisse a me, una donna giovane e gentile, la quale era lungo lo mio lecto, credendo che lo mio piangere e le mie parole fossero solamente per lo dolore della mia infermitade, con grande paura cominciò a piangere. [12 - x] Onde altre donne, che per la camera erano, s'accorsero di me che io piangea, per lo pianto che vedeano fare a questa; onde faccendo lei partire da me, la quale era meco di propinquissima sanguinità [c. 130]congiunta, elle si trassero verso me per isvegliarmi, credendo che io sognasse, e diceanmi: «Non dormire più;!», e «Non ti sconfortare!». [13 - x] E parlandomi così, cessòe la forte fantasia entro in quello puncto che io volea dicere: «O Beatrice, benedecta sie tu!»; e già detto avea «O Beatrice», quando riscotendomi apersi gli occhi, e vidi che io era ingannato. E con tutto che io chiamassi questo nome, la mia voce era sì rotta dal singulto del piangere, che queste donne non mi pottero intendere, secondo che io credo. E avegna che io [c. 131]mi vergognassi molto, tuttavia per alcuno amonimento d'Amore mi rivolsi a·lloro. [14 - x] E quando mi videro, cominciaro a dire: «Questi pare morto», e a dire tra·lloro: «Proccuriamo di confortarlo»; onde molte parole mi diceano da confortarmi, e talora mi domandavano di che io avessi avuta paura. [15 - x] Onde io essendo alquanto riconfortato, e conosciuto lo fallace ymaginare, rispuosi a·lloro: «Io vi diròe quello ch'i' òe avuto». Allora cominciai dal principio infino alla fine e dissi loro quello che veduto avea, tacendo il nome di questa gentilissima. [16 - x] Onde poi sanato di questa infermitade, propuosi di dire parole di questo che m'era adivenuto, però che mi parea che fosse amorosa cosa da udire. E però ne dissi questa canzone Donna pietosa e di novella etate, ordinata sì come manifesta la infrascripta divisione.
[17 - x]        Donna pietosa e di novella etate,
[c. 132]adorna assai di gentilezze umane,
ch'era là ov'io chiamava spesso Morte,
veggendo gli occhi miei pien' di pietate
e ascoltando le parole vane,
si mosse con paura a pianger forte.
[18 - x]  [c. 133]E altre donne, che si fuoro accorte
di me per quella che meco piangea,
fecer lei partir via,
appressârsi per farmi sentire.
Qual dicea: «Non dormire»,
e qual dicea: «Perché sì ti sconforte?».
Allor lasciai la nova fantasia
chiamando il nome della donna mia.
[19 - x]        Era la voce mia sì dolorosa
e rotta sì dall'angoscia del pianto,
ch'io solo intesi il nome nel mio core;
e con tutta la vista vergognosa
ch'era nel viso mio giunta cotanto,
[c. 134]mi fece verso lor volgere Amore.
[20 - x]  Elli era tale a veder mio colore,
che facea ragionar di morte altrui.
«Deh consoliam costui»
pregava l'una l'altra umilemente;
e dicevan sovente:
«Che vedestù;, che tu non ài valore?»
E quando un poco confortato fui,
io dissi: «Donne, dicerollo a voi.
[21 - x]        Mentre io pensava la mia frale vita
e vedea 'l suo durar com'è leggiero,
piansemi Amor nel core, ove dimora;
[c. 135]per che l'anima mia fu sì smarrita,
che sospirando dicea nel pensero:
“Ben converrà che la mia donna mora”.
[22 - x]  Io presi tanto smarrimento allora,
ch'io chiusi gli occhi vilmente gravati;
e fuoron sì smagati
li spirti miei, che ciascun giva errando;
e poscia ymaginando
di conoscenza e di verità fora,
visi di donne m'apparver crucciati,
che mi dicean pur: “Morra'ti, morra'ti!”.
[23 - x]        Poi vidi cose dubitose molte,
[c. 136]nel vano ymaginare ov'io entrai;
ed esser mi parea non so in qual loco
e veder donne andar per via disciolte,
qual lagrimando e qual traendo guai,
che di tristitia saettavan foco.
[24 - x]  Poi mi parve vedere a poco a poco
turbar lo sole e apparir la stella,
e pianger elli ed ella;
cader gli augelli volando per l'âre,
e la terra tremare;
e omo apparve scolorito e fioco
[c. 137]“Che fai? non sai novella?
mort' è la donna tua, ch'era sì bella”
[25 - x]        Levava gli occhi miei bagnati in pianti
e vedea, che parean pioggia di manna,
gli angeli che tornavan suso in cielo;
e una nuvoletta avean davanti,
dopo la qual gridavan tutti “Osanna!”,
e s'altro avesser detto, a voi dire'lo.
[26 - x]  [c. 138]“Più; nol ti celo:
vieni a veder nostra donna che giace”
Lo ymaginar fallace
mi condusse a veder madonna morta;
e quand'io l'avea scorta,
vedea che donne la covrian d'un velo;
e avea seco Umilità verace,
che parea che dicesse: “Io sono in pace”.
[27 - x]        Io divenia nel dolore sì umile
veggendo in lei tanta umiltà formata,
“Morte, assai dolce ti tegno:
tu dêi omai esser cosa gentile,
poi che tu se' nella mia donna stata,
[c. 139]e dêi aver pietate e non disdegno.
Vedi che sì desideroso vegno
d'esser de' tuoi, ch'io te somiglio in fede.
Vieni, che 'l cor te chiede”
[28 - x]  Poi mi partia, consumato ogni duolo;
e quand'io era solo
dicea, guardando verso l'alto regno:
“Beato, anima bella, chi te vede!”.
Voi mi chiamaste allor, vostra merzede»
[29 - x] Questa canzone à due parti. Nella prima dico parlando a indiffinita persona come io fui levato d'una vana fantasia da certe donne, e come promisi loro di dirla; nella seconda dico come io dissi a·lloro. La seconda comincia quivi Mentr'io pensava. [30 - x] La prima parte si divide in due. Nella prima dico quello che certe donne, e che una sola, dissero e fecero per la [c. 140]mia fantasia quanto è dinanzi che io fossi tornato in verace conditione; nella seconda dico quello che queste donne mi dissero poi che io lasciai questo farneticare; e comincia questa parte quivi Era la voce mia. [31 - x] Poscia quando dico Mentr'io pensava la mia, dico come io dissi loro questa mia ymaginatione. E intorno a·cciò fo due parti. Nella prima dico per ordine questa ymaginatione; nella seconda, dicendo a che ora mi chiamaro, le ringratio chiusamente; e comincia quivi questa parte Voi mi chiamaste.


Università degli Studi di Pavia
Dipartimento di Scienza della Letteratura e dell'Arte Medievale e Moderna
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