Beatrice
Edizione interpretativa 
 
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VNG  [Capitolo 3]

[1 - x] Apresso lo partire di questa gentil donna, fu piacere del Signore degli angeli di chiamare alla sua gloria una donna giovane e di gentile aspecto molto, la quale fu assai gratiosa in questa sopradecta cittade, lo cui corpo io vidi giacere sanza l'anima in mezzo di molte donne, le quali piangeano assai pietosamente. [2 - x] Allora ricordandomi che già l'avea veduta fare [c. 39]compagnia a quella gentilissima, non poteo sostenere alquante lagrime; anzi piangendo mi propuosi di dicere alquante parole della sua morte, in guiderdone di ciò che alcuna fiata l'avea veduta colla mia donna. [3 - x] E di ciò toccai alcuna cosa nell'ultima parte delle parole che io ne dissi, sì come appare manifestamente a chi lo 'ntende. E dissi allora questi due sonetti, li quali comincia lo primo Piangete e il secondo Morte villana.
[4 - x]        Piangete, amanti, poi che piange Amore,
[c. 40]udendo qual cagion lui fa plorare.
[5 - x]  Amor sente a Pietà donne chiamare,
mostrando amaro duol per gli occhi fore,
perché villana Morte in gentil core
à miso il suo crudele adoperare,
guastando ciò ch'al mondo è da laudare
in gentil donna sora dell'Onore.
[6 - x]        [c. 41]Udite quanto Amor le fece oranza,
ch'io 'l vidi lamentare in forma vera
sovra la morta ymagine avenente;
e riguardava ver' lo ciel sovente,
ove l'alma gentil già locata era,
che donna fu di sì gaia sembianza.
[7 - x] Questo primo sonetto si divide in tre parti. Nella prima chiamo e sollicito li fedeli d'Amore a piangere, e dico che lo signore loro piange, e dico udendo la cagione per che piange, acciò che s'acconcino più; ad ascoltarmi; nella seconda narro la cagione; nella terza parlo d'alcuno onore che Amore fece a questa donna. La seconda parte comincia quivi Amore sente, la terza Udite.
[8 - x]        Morte villana, di Pietà nemica,
di dolor madre antica,
iuditio incontastabile gravoso,
poi ch'ài data materia al cor doglioso,
ond'io vado pensoso,
[c. 43]di te blasmar la lingua s'afatica.
[9 - x]  E s'io di gratia ti vo' far mendica,
convenesi ch'io dica
lo tuo fallar d'ogni torto tortoso,
non però ch'alla gente sia nascoso,
ma per farne cruccioso
chi d'amor per innanzi si notrica.
[10 - x]        Dal secolo ài partita cortesia
e ciò ch'è in donna da pregiar vertute;
[c. 44]in gaia gioventute
distructa ài l'amorosa leggiadria.
Più; non vo' discovrir qual donna sia
che per le propietà sue conosciute.
[11 - x]  Chi non merta salute
non speri mai d'aver sua compagnia.
[12 - x] Questo sonetto si divide in quatro parti. Nella prima parte chiamo la Morte per certi suoi nomi proprii; nella seconda, parlando a·llei, dico la cagione per che io mi muovo a blasmarla; nella terza la vitupero; nella quarta mi volgo a parlare a indiffinita persona, avegna che quanto al mio intendimento sia diffinita. La seconda comincia quivi Poi ch'ài data; la terza quivi E s'io di gratia; la quarta quivi Chi non merta salute.


Università degli Studi di Pavia
Dipartimento di Scienza della Letteratura e dell'Arte Medievale e Moderna
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