Beatrice
Edizione interpretativa 
 
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VNT  [Capitolo 20]

[1] Poy che li mey occhi ebbero alquanto lacrimato un tempo e tanto affaticatj erano che non poteano disfogare la mia tristitia. Onde pensay di volerle sfogare cum alquante parole dolorose E però proposui di fare una canzione ne la quale piangendo ragionasse di ley. Per cui tanto dolore era fatto distrugitore de la mia anima. E cominciay alora una canzione la qual comincia. Gli ochi dolenti per pietà del chore [2] E aciò che questa cancione paya rimanere più vedoa doppo la sua fine la dividerò prima ch'io la scriva. E cotale modo terò da qui inanzi/ [3] Yo dico che questa cativella cancione/ à tre parti. la prima è prohemio. Ne la seconda ragiono di ley. Nella terza parlo a la canzione pietosamente. la seconda parte comincia quivi/ Ita n'è beatrice/ la terza quivi Pietosa mia cancione [4] La prima parte si divide in tre Nella prima dicho perché yo mi movo a dire Ne la seconda dico a cuy io voglio dire. Nella terza dico di cuy io voglio dire la seconda comincia quivi/ E perché me ricorda. la terza quivi E dicerò [5] Possia quando dicho Ita n'è beatrice/ Ragiono de ley e intorno a ciò foe do parti/ Prima dicho la cagione per che tolta me fue/ Apresso dico come altri si piange de la sua partita. e comincia questa parte quivi/ Partisi da la sua. [6] Questa parte si divide in tre. Nella prima chi no la piange. Ne la seconda dicho chi la piange/ Nella terza dico de la mia condicione. la seconda comincia quivi. Ma vene tristitia e voglia/ la terza quivi/ Danomj angosia li sospiri [c. 18r]mei. [7] Poscia quando dicho pietosa mia cancione designiandole in qualli donne se ne vada e stiasi co' loro
[8]        LI ochi dolenti per pietà del core.
Àno sofferto di lacrimare pena/
Sì che per vinti sono rimasi omay.
Ora s'i' voglio sfogare lo dolore.
Che a pocho a pocho a la morte mi mena.
Convienemi parlar trahendo guay.
[9]  Perché mi ricorda ch'io parlay
De la mia donna mentre che viveva/
Donne gentili volentieri cum voy.
Non vo' parlar altruy.
Se no a chor gentili che 'n donna sia.
E dicerò di ley piangendo poy
che se n'è gita in cielo subitamente.
E à lassiato mecho amore dollente/
[10]        ITa n'è beatrice su ne l'alto celo.
Nel reame ove gli angeli àno pace.
e sta cum loro e voy donne lassiate.
No la ci tolse qualità di gielo.
Né di calore come l'altre face.
Ma solo fu sua gran benignitade.
Ché luce de la  sua humilitate/
Passò li cieli cum tanta virtute.
Che fé maravigliar l'eterno sire.
Sì che dolce desire.
lo giunse di chiamar tanta salute.
E fela di qua giù a ssé venire.
Perché vedea ch'esta vita noiosa
Non era degnia de così gentil cosa
[11]        PArtissi da la sua bella persona.
Piena di gratia l'anima gentile.
Ed è sì gloriosa in locho degnio.
Chi no lla piange quando ne ragiona.
Cuore à di pietà sì malvagio e vile.
Ch'entrare no li puote spirito benignio.
Non è di cor villano sì alto ingiegnio.
Che possa ymaginar di ley alquanto.
E però no gli vene di piangere doglia.
[12]  Ma vene tristitia e doglia.
Di sospirare e di morire di pianto.
D'onne consolare la mia spoglia.
Chi vede nel pensiero alchuna volta.
Qualle ella fue e come ella n'è tolta
[13]        DÀnnomj angosia li sospiri forti.
Quando el pensiero nella mente grave.
Mi recha quella che m'à el cor diviso.
Spesse fiate pensando a la morte.
Vyen un disio a me tanto suave.
Che mi tramuta lo colore nel viso.
[14]  E quando lo ymaginare mi vien ben fiso.
Giungemi tanta pena d'ogni parte.
Ch'i' mi riscuote per dolore ch'i' sento.
E sì fatto divento.
Che da le genti vergognia mi parte.
Possia piangendo solo nel mio lamento.
Chiamo beatrice or dicho or se' tu morta.
E mentre che la chiamo me conforta
[15]        PIanger di doglia e sospirar d'angosia.
Mi struge el core ovunque sol mi trova
Sì ché ne 'ncresserebe a chi m'udisse.
E quale è stata la mia vita possia.
Che la mia donna andò nel secol novo.
lingua non è che dicer lo sapesse.
[16]  E però donne mie pur ch'io volesse.
Non vi saprey yo dire ben quel ch'i' sono.
Sì mi fa travagliare l'acerba vita.
la qual è sì 'nvilita.
Che ogni homo par che mi dicha yo t'abandono.
Vegiendo la mia labbia tramortita.
Ma qual ch'io sia la mia donna sil vede
E yo ne spero ancor da ley mercede
[c. 18v][17]        PIetosa mia cancione or va piangendo.
E ritrova le donne e lle donzelle.
A chui le tue sorelle.
erano usate di portar leticia.
E tu che sey figliola di tristicia.
Vatene disconsolata a star cum elle



Università degli Studi di Pavia
Dipartimento di Scienza della Letteratura e dell'Arte Medievale e Moderna
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