VNT [Capitolo 22]
[1] POy che ditto ebbi questo sonetto pensandomi che questo era a cui lo 'ntendea dare quasi come per luy fatto/ vidi che povero mi parea lo servisio e nudo a cossì distreta persona di questa gloriosa.
[2] E però anci che li dessi questo sopraditto sonetto/ sì dissi due stancie d'una cancione l'una per costuy veracemente/ E l'altra per me/ Avegnia che l'una e l'altra para per una persona ditta. A chi non guardasse sotilmente Ma a chi sotilmente la mira vede bene che diverse [c. 19r]persone parlano acciò che l'una non chiama sua donna costey. E l'altra sì come apare manifestamente
[3] questa cancione. E questo soprascritto sonetto lo diedi dicendo yo luy che per luy solo fatto lo aveva.
[4] la cancione comincia quantunque volte. E à due parti ne l'una cioè nella prima stancia si lamenta questo mio charo amicho e distreto a ley. Nella seconda mi lamento yo/ cioè ne l'altra stancia che comincia. E' ssi racoglie nelli mei/ E cossì apare che in questa cancione si lamentano due persone l'una de le quali si lamenta come fratello. l'altra come servo e questa è la cancione che comincia.
[5]
QUantunque volte lasso mi rimmenbra.
Ch'io non debbrò giamay
videre la donna ond'io vo sì dolente
Tanto dolore intorno al core mi sembla.
la dollorosa mente.
anima mia ché non te ne vay.
Ché li tormenti che tu porteray
Nel secolo che t'è già tanto noioso/
Mi fan pensoso di paura forte.
[6]
Ond'io chiamo la morte/
Come soave e dolce mio riposo.
E dicho veni a me cun tanto amore.
Ch'i' sono astioso di chiunque muore
[7]
E' Si racoglie nelli mey sospiri/
un sono di pietate.
Che va chiamando morte tuta via.
A ley si volser tuti li mey desiri.
Quando la donna mia.
fu giunta da la sua crudelitate.
[8]
Per che 'l piacere della sua beltate/
Partendo ssé da la nostra veduta
divenne spirito e belleza grande.
Che per lo cielo spande.
Luce d'amore che gli angelli saluta/
E l'intelletto loro alto e sotile/
Facie maravigliar sì v'è gentile
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