Beatrice
Edizione interpretativa 
 
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VNK  [Capitolo 2]

[1] A questo sonetto fue risposto da molti e di diverse sentençie. tra li quali fue risponditore/ quelli chu' io chiamo primo delli miei amici. E disse allora un sonetto lo quale chomincia. Vedesti al mio parere omne valore/ E questo fue quasi lo principio dell'amistà tra llui e me/ quando elli seppe ch'io era quelli che lli avea ciò mandato/ [2] lo verace giudicio del decto songno non fue veduto allora per alcuno. ma ora è manifestissimo a li più sempici. [3] Da questa visione innançi cominciò lo mio spirito naturale ad essere impedito nella sua operaçione però che ll'anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima: ond'io divenni im picciolo tempo poi di sì fraile e debole condiçione che a molti amici pesava de la mia vista/ e molti pieni d'invidia già si procacciavano di sapere di me quello ch'io volea del tutto celare ad altrui. [4] Ed io acchorgendomi del malvagio domandare che mmi faceano per volontà d'amore/ lo qual mi chomandava secondo 'l consilglio de la ragione/ rispondea loro che amore [c. 8v]era quelli che così m'avea governato/ Dicea d'amore imperò che chi portava nel viso tante delle sue insengne/ che questo non si poria ricovrire/ [5] E quando mi domandavano per cui t'à così distructo questo amore ed io sorridendo li guardava e nulla dicea loro/ [6] Un giorno avenne che questa gentilissima sedea im parte ove s'udiano parole de  la reina de la gloria ed io era in luogho dal quale vedea la mia beatitudine/ e nel meçço di lei e di me per la recta linea sedea una gentile donna di molto piacevole aspecto: la quale mi mirava spesse volte maravilgliandosi del mio sguardare che parea che sopra llei terminasse/ [7] Onde molti s'accorsero del suo mirare ed in tanto vi fue posto mente/ Che partendomi di questo luogo mi sentio dire appresso di me: vedi come cotale donna distrugge la persona di costui e nominandola intesi che dicea di colei ch'era stata nel meçço de la retta linea/ la qual movea da la gentilissima Beatrice e terminava negli occhi miei. [8] Allora mi confortai molto assicurandomi che 'l mio segreto non era chomunicato il giorno altrui per mia vista. E mantenente pensai di fare di questa gentile donna schermo de la veritade: et tanto ne mostrai im poco di tempo che al mio segreto fu creduto sapere da le più persone che di me ragionavano. [9] Con questa donna mi celai alquanti anni e mesi e per più fare credente altrui/ feci per lei certe cosette per rima: le quali non è mio intendimento di scriverle qui se non in quanto facesse a tractare di quella gentilissima Beatrice e però le lascerò tutte salvo che alcuna cosa ne scriverò che par che ssia loda di lei. [10] Dicho che in questo tempo che questa donna era schermo di tanto amore quanto da la mia parte sì mmi venne una volontà di volere ricordare il nome di quella gentilissima ed acompangnarlo di molti nomi di donne e speçialmente del nome di questa gentile donna. [11] e presi li nomi di sessanta le più belle donne della cittade dove la mia donna fue posta da l'altissimo sire/ e compuosi una pistola sotto modo di serventese/ la quale io no' scriverrò e no' n'avrei facto mençione se non per dire quello che componendola maravilgliosamente adivenne/ cioè che in alcuno altro numero non sofferse lo nome de la mia donna stare: se non in sul nove tra li nomi di queste donne/ [12] La donna cho' la quale io avea tanto tempo celata la mia volontade/ convenne che ssi partisse della sopradecta cittade/ e andasse in paese molto lontano per che io quasi sbigottito della bella difesa che mm'era venuta meno assai me ne disconfortai più ch'io medesimo non avrei creduto dinançi/ [13] e pensando che sse de la sua partita io non parlassi alquanto dolorosamente [c. 9r]le persone sarebbero acchorte più tosto del mio nascondere propuosi di farne alcuna lamentança in un sonetto lo quale io scriverò/ acciò che la mia donna fue immediata chagione di certe parole che nel sonetto sono sì cchome appare a chi lo 'ntende/ e allora dissi questo sonetto che comincia.
[14] [nel margine destro] sonetto      O Voi che per la via d'amor passate
attendete e guardate
s'elgli è dolore/ alchuno quanto 'l mio grave
e pregho sol ch'audire mi sofferiate.
e poi imaginate
s'io son d'ongne tormento ostale e chiave.
[15]  amor non già per mia pocha bontate/
ma per sua nobiltate/
mi pose in vita sì dolce e soave
ch'i' mi sentia dire dietro spesse fiate.
deo per qual dingnitate/
chosì leggiadro questi lo chore ave/
[16]       Or ò perduta tutta mia baldança
che ssi movea d'un amoroso tesoro/
ond'io pover dimoro
in guisa che di dir mi vien doctança.
[17]  Sì che volendo far chome coloro/
che per vergongna celâr lor mancança.
di fuori mostro allegrança/
e dentro da lo chore struggho e ploro%
[18] §Questo sonetto à due parti principali/ che nella prima intendo chiamare li fedeli d'amore per quelle parole di geremia profeta che dicono. O vos omnes qui transitis per viam attendite et videte si est dolor sicut dolor meus. [nel margine destro] O voi tutti che passate per la via attendete e vedete s'elgli è dolore similliante al mio. E pregare che mmi sofferino d'audire. Ne la seconda narro là ove amore m'avea posto con altro intendimento che le streme parti del sonetto non mostrano e dicho ch'i' ò ciò perduto. La seconda parte comincia quivi. Amor non già.


Università degli Studi di Pavia
Dipartimento di Scienza della Letteratura e dell'Arte Medievale e Moderna
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